martedì 15 novembre 2011

Bambini e atopia

Esistono numerosi veri e falsi miti che circondano la Dermatite Atopica. Uno di questi sembra inevitabilmente coinvolgere l’età in cui si presenta la prima manifestazione della malattia. Si dice che, conoscere questo particolare momento nella vita del bambino può certamente aiutare a distinguere la Dermatite Atopica da altre forme infiammatorie della cute (Williams, 1994), ma potrebbe anche servire a valutare la prognosi del decorso naturale della patologia. Aiutando così a rispondere alle accorate richieste che vengono dai genitori e che si concentrano principalmente sulla sperata eventualità che con la crescita si possa guarire. In realtà, appare molto azzardato trarre delle conclusioni in base all’età d’insorgenza e nutrire con un esagerato ottimismo la speranza di remissione, se aiuta i pazienti e i familiari a superare un comprensibile sconforto, può alla distanza rivelarsi fonte di rabbia e frustrazione. Certo non mancano i casi in cui durante l’adolescenza si assiste a una risoluzione dei sintomi dell’atopia, ma ancora oggi ci s’interroga come, perché e in quali soggetti questo accada. Infatti, se è vero come molti dicono che la componente genetica è fondamentale nell’ambito della eziologia, non si è ancora capito se a provocare l’apparente guarigione è l’inattivazione di alcuni dei geni responsabili, oppure se si è verificata l’attivazione di altri geni che hanno un’azione soppressiva sull’infiammazione, oppure - come suggeriscono alcuni ricercatori - con la crescita si crea una maggiore tolleranza immunitaria o si recupera e migliora la funzione protettiva di barriera dello strato corneo. In alcuni studi si suggerisce invece l’esistenza di sottogruppi di pazienti cui si associa una diversa prognosi, in maniera tale che i bambini che presentano una Dermatite Atopica grave nell’infanzia e poi sviluppano allergie e asma rappresenterebbero un diverso fenotipo rispetto a quelli in cui a una sintomatologia lieve nell’infanzia seguirebbe poi una remissione (Roth, 1987). I critici di questa teoria, sostengono che è pericoloso ai fini della diagnosi iniziale sostenere l’esistenza di diversi sottogruppi - peraltro non ancora confermata con certezza - mentre sarebbe meglio riconoscere la possibilità di uno spettro di distribuzione della malattia che va dalle forme meno gravi a quelle più severe. Per finire, indipendentemente dall’età d’insorgenza, c’è anche chi ritiene che purtroppo non si guarisce mai dall’atopia che, pur anche quando scompare clinicamente durante l’adolescenza, costituisce una componente costituzionale di base che durante la vita potrà dare luogo a una aumentata propensione a reagire a specifici allergeni o a irritanti aspecifici presenti nell’aria e nell’ambiente, oppure a manifestazioni cutanee minori e non significative durante la maturità, come risposta a una esposizione a sostanze irritanti o ad altri fattori inquinanti (Rystedt, 1986). Dare troppa importanza all’età in cui la dermatite atopica si manifesta non tiene in giusto conto, inoltre, che la maggior parte degli studi epiemiologici da cui si derivano i dati si concentra su popolazioni di bambini già diagnosticati e spesso ricoverati. Sono rari, infatti, gli studi che hanno come campione gli adulti affetti da questa dermatosi, e ciò spinge a ritenere che la prevalenza dei casi si manifesti per forza nei primi anni di vita. Un altro problema nell’interpretazione degli studi epidemiologici è legato al fatto che considerando una manifestazione precoce come indice della gravità della malattia si tende a trascurare che molti dei lavori pubblicati sulla materia sono effettuati su casi diagnosticati in ospedale e quindi, ragionevolmente si tratterà di soggetti con una sintomatologia così grave da richiedere il ricovero. Ciò determina inevitabilmente una sovrastima dei casi più gravi e un quasi inevitabile convincimento che prima si manifesta più la dermatite atopica è grave e ha una prognosi peggiore. Ma allora, questo rapporto fra età d’insorgenza ed evoluzione naturale in termini peggiorativi, fin quando non verrà confermato da studi che prendano in considerazione l’intera popolazione dei soggetti atopici, bambini e adulti, ospedalizzati e no, deve essere considerato solo un pregiudizio? C’è qualcosa di interessante che può dirci, allora, la conoscenza della età della prima manifestazione? Secondo Hywel Williams, dermatologo dell’Università di Nottingham, può aiutare a indirizzarci verso le possibili cause della malattia. Considerando che circa il 70% si manifesta prima dei 2 anni, si deve pensare a fattori nutrizionali e metabolici capaci, durante il periodo perinatale e nei primi anni di vita, di programmare l’insorgenza precoce della malattia. Nei restanti casi, il picco di manifestazioni che si registra intorno ai 13 anni deve necessariamente essere ricollegato ad altre esposizioni, soprattutto di natura allergenica e verso sostanze irritanti di tipo ambientale.

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