giovedì 22 marzo 2012

Un cappero per curarsi la pelle

Utilizzato in cucina per impreziosire ed esaltare il sapore di tantissime pietanze, il cappero è conosciuto nell’area mediterranea sin dall’antichità. I primi riferimenti all’utilizzo del cappero a fini culinari e medicali si trovano infatti addirittura nella Bibbia, negli scritti di Aristotele e di Plinio il Vecchio. Oggi questo prezioso alimento costituisce una risorsa importante per la nostra economia, uno di quei cosiddetti prodotti di eccellenza che aggiungono lustro alla nostra terra, tanto che sono oltre 1000 gli ettari coltivati a cappero tra la Liguria, la Puglia, la Campania e soprattutto la Sicilia. In particolare è l’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie, a essere diventata negli anni uno dei centri di produzione più rinomati al mondo, tanto che la Capparis Spinosa qualità Tondina, la pianta da cui appunto si preleva il cappero più comune, è entrata a far parte del paesaggio locale di questa terra. Del resto la caratteristica principale di questo arbusto sempreverde è quella di preferire i substrati calcarei, e quindi di nascere spontaneamente sulle rupi calcaree, nelle falesie, su vecchie mura, formando cespi con rami ricadenti lunghi anche diversi metri che abbelliscono case e antiche costruzioni. Rispetto a questa qualità spontanea, quella coltivata è più rigogliosa. Essa si propaga per seme o preferibilmente per talee (si taglia cioè una parte della pianta e la si sistema in un vaso pieno di terra dove rigenera la parte mancante) che si eseguono in estate, inserendo in una cassetta piena di sabbia e torba un pezzo di ramo di 7-10 cm. Una volta formatesi le radici, si prelevano le piantine e si inseriscono in vasetti di circa 10 cm di diametro. Più difficile la propagazione per semi. Essa avviene in cassette, anch’esse piene di torba e sabbia, lasciate all’aperto nel periodo estivo e riparate in autunno/inverno. La semina può avvenire anche nelle fessure di muri a secco ben esposti al sole in autunno. Occorre però inserire i semi in un pò di muschio o in un fico maturo in modo da proteggerli d'inverno e tenerli umidi. Quale sia il metodo scelto, una volta ottenute le piantine (attorno a maggio/giugno) se ne prelevano i boccioli ancora chiusi (quelli che comunemente chiamiamo capperi) e li si conserva in macerazione sotto sale o sotto aceto. Più raramente si consumano anche i fiori che hanno un sapore simile ma più delicato e prendono il nome di cucuncio, cocuncio o capperone. In ambito culinario si utilizzano anche le giovani foglie come insalata, dopo averle bollite per pochi minuti. Ma i capperi non sono solo un ottimo alimento: essi hanno infatti anche numerose qualità mediche dovute in primis al fatto che contengono più quercetina in rapporto al peso di ogni altra pianta. Questa è un inibitore naturale di vari enzimi intracellulari e un antiossidante naturale. Tra le sue funzioni più importanti: ripristina il tocoferolo (Vitamina E), dopo che  si è trasformato in radicale libero, disintossica la cellula dal superossido e frena la produzione di ossido nitrico durante le infiammazioni. In erboristeria è utilizzata la corteccia della radice i cui principi attivi hanno proprietà diuretiche e protettrici dei vasi sanguigni. Può essere utilizzata nella cura di gotta, emorroidi e varici. Un infuso preparato con radici di cappero e germogli giovani era utilizzato in medicina popolare per alleviare i reumatismi. Recentemente si è appurata, per gli estratti secchi da frutto di Capparis (specie se associati a Olea europea, Glycyrrhiza glabra e Ribes nigrum) un'attività antiossidante cutanea, antiflogistica e antistamino-simile, valida nelle dermatopatie allergiche.

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